Post


Giocare e allenare... Cambierà qualcosa quando smetterò?! Tutto...

Ciao a tutti, oggi racconto le innumerevoli cazzate che ho commesso quando ho deciso di smettere di giocare. Già, perché quando giochi sei tu, comandi te. Ci sei solo tu nella tua testa, e di quello che pensa l’allenatore, filtri un buon 50%, sì ci sono i tuoi compagni che insieme a te devono dare il massimo, ma l’allenatore stanca, che stress dice sempre le stesse cose. Perché ho smesso a ventotto anni di giocare? Troppa fatica, allenarsi è faticoso, dopo una giornata di lavoro pesante devo andare a tuffarmi sul campo in terra battuta e sentirmi dare del pirla perché ho perso la partitella, poi le varie fratture perché io non ci sto a perdere. Basta, non ci sto più dentro, smetto. Mi butto, inizio una nuova passione, inizio ad allenare. Ecco le prime domande, “dove, quando, perché”… Ho iniziato da dove sono partito, quella Società calcistica che mi ha lanciato, allenando ragazzini piccoli (esordienti). Che lavori posso fare per ragazzi di questa età?!

Disastro… Si comincia con quelli che facevo io, certo abbasso le “dosi” come erano chiamate parecchi anni fa. Lavori di prima squadra modellati e riprodotti in forma ridotta, risultato?! Zero miglioramenti, solo genitori contenti perché il loro figlio “lavorava” molto in allenamento, bravissimo il suo allenatore, arriva a casa distrutto. Bhè ovvio, l’equazione era quella, maggior lavoro e allenatore più bravo, poca fatica e allenatore non all'altezza. 

Meglio iniziare a far corsi, ad imparare, a confrontarsi con i colleghi, a specializzarsi. Certo l’esperienza è importante, la passione pure, ma non basta, bisogna conoscere, capire cosa si sta proponendo e perchè, quando lo si deve fare e quando va fatto un altro lavoro, cosa serve ad un portiere immediatamente e cosa può attendere, insomma un allenatore deve sapere, fare e saper far fare. Poi posso essere preparatissimo, conoscere tutto e tutti, aver fatto tutti i corsi del mondo, anche all’estero, ma i risultati stentano a decollare, perché? Perché serve capacità nell’essere credibile, perché il vostro ragazzino farà sempre le cose che gli direte di fare, ma quando diventerà adulto? Quando capirà che sta lavorando senza un obiettivo? Ecco la forza di un allenatore “capace”, in grado di stimolare l’adulto a credere in quello che proponi perché nel giro di qualche settimana possa vedere il risultato che si è prefissato, quindi? Un allenatore di questo magnifico ruolo deve essere uno psicologo, ha come scopo di riuscire ad interagire con il proprio atleta, deve saper ascoltare e capire. Poi devi riflettere su cosa vorrai fare da grande, se l’allenatore dei piccoli “dove hai sempre ragione tu” e nessuno o difficilmente si potrà trovare chi possa contraddirti, oppure allenare le prime squadre dove ti devi misurare con portieri esperti che hanno magari fatto i professionisti o ancora lo sono, oppure con dei giovani ruspanti che arrivano da settori giovanili importanti. Io la mia scelta l’ho fatta e tu? Pensaci bene perché i due mondi paralleli sono completamente diversi, io ti racconterò cosa ho scelto e inizierò a inserire qualche lavoretto, tanto per cominciare… Buona lettura e visione!!! Nella foto sotto era dura non vincere il campionato...




Quando inizi sembra tutto così complesso...

Da quella partita tra giovanissimi del Ponte San Pietro e Stezzanese ne è passato del tempo. Io e il mio caro amico Di Costanzo, lui allenatore ed io preparatore dei portierini di quella squadra, durante il difficilissimo match mi sono lasciato sfuggire una frase che ricordo faceva “mi piacerebbe allenare qui a Ponte”; dopo solo qualche giorno arrivò una telefonata che mi annunciava di presentarmi nel pomeriggio in sede a Ponte San Pietro. Mille pensieri, tutti interessanti, tutti stupendi. Ecco si stava realizzando il mio sogno, però… Giunto di fronte al presidente mi sono trovato anche il Direttore Sportivo a fianco e più parlavano e più mi domandavo perché ci fosse anche il Ds della prima squadra. Poco dopo arrivò quell’offerta irrinunciabile, sì proprio quella, se avessi voluto allenare i portieri della prima squadra. Un pugno nello stomaco ma una sfida entusiasmante, mi presi un giorno per godere, ops per decidere, sì era troppo una scelta facile da fare, e così accettai. Finii per iniziare ad allenare un portiere che aveva solo cinque anni meno di me, lui ventotto ed io trentatre. Fu divertentissimo perché questa vicinanza d’età rischiosa poteva portarmi a scontri o discussioni, invece credendo ciecamente nel mio lavoro è emersa quella passione palpabile a tutti che si è tramutata subito in fiducia in ciò che proponevo, e i risultati non tardarono ad arrivare. Vincemmo la Coppa Italia Regionale nella categoria Eccellenza Lombarda, il campionato finì abbastanza bene nella parte sinistra della classifica. Riconferma e annata con nuova Società, il mio Ponte San Pietro terminò la sua vita e venne creata una fusione con l’Isola denominata Ponte San Pietro–Isola, per i più sbrigativi Pontisola. Nuove idee, diverse potenzialità, nuovi progetti, nuove aspettative. Siamo attrezzati per vincere questo campionato, pressioni diverse, dobbiamo fare i tre punti per forza, tutte difficoltà perché non si vince nelle sedi o nelle sale del bar, bisogna lavorare e anche sodo. Una grande stagione culminata però con un secondo posto e playoff, dietro all’altra corazzata del girone Tritium. Bravi e forti, più di noi sicuramente che potevamo fare qualcosa in più ma il calcio ha delle variabili impazzite che portano a tracciare la corsa al titolo in varie maniere. Pazienza. 


















Nessun commento:

Posta un commento